martedì 14 luglio 2009

L'Italia dei principi. Attivi

(pubblicato sulla Newsletter della Camera di Commercio
Italiana in Giappone, maggio '09
)

E’ il settore da sempre al top della classifica delle esportazioni in Giappone, eppure è quello meno conosciuto, sia tra gli operatori italiani che giapponesi. L’Italia non è solo food e fashion (e meccanica), ma anche medicinali e principi attivi.

Esiste un’Italia famosa in tutto il mondo, i cui prodotti simbolo sono la moda e gli alimentari. Fatica invece ad affermarsi, se si escludono gli addetti ai lavori, l’immagine del Bel Paese fornitore di prodotti farmaceutici.
Con un valore che sfiora i 470 milioni di dollari di esportazioni, il Giappone è uno dei Paesi principali in cui la presenza italiana si fa sentire. Un settore, tra l’altro, che non sembra conoscere crisi: basti considera i dati riguardanti i medicamenti preparati per scopi terapeutici o profilattici (codice HS 300490), con quel + 25% a febbraio 2009 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente e il + 56% nel 2008 rispetto al 2007. (fonte: Jetro)
Secondo l’ICE, nel 2008 il valore complessivo delle esportazioni di prodotti farmaceutici italiani è stato pari a 65 miliardi di yen, con una variazione positiva del 23,3% rispetto all’anno precedente.
Il comparto della chimica farmaceutica, che rappresenta il settore di punta della chimica italiana (considerando che le circa 100 aziende di questo settore esportano l’85% del proprio fatturato nel mondo) ha variazioni percentuali da record, grazie alle sue 88 imprese (il 65% delle quali intorno a Milano) e un fatturato globale che si aggira intorno ai 4.000/4.500 milioni di euro all’anno. Nonostante questo, il “tasso di popolarità” rimane a livelli minimi.
Ne abbiamo parlato con Marcello Fumagalli, general manager della Chemical Pharmaceutical Generic Association, associazione italiana dei produttori di principi attivi ed intermedi per il mercato dei farmaci generici.

I medicamenti preparati per scopi terapeutici o profilattici sono il primo prodotto italiano esportato in Giappone. Perché sono pochi a saperlo?

L’Italyan Style, composto principalmente dalla moda e dal cibo, colpisce direttamente l’utilizzatore finale, per cui ha un impatto forte. Quando il business si compie invece tra produttore e trasformatore, come nel nostro caso (con un utilizzo specialistico), è difficile essere identificati come “italiani” dal consumatore finale. E questo nonostante i maggiori produttori di principi attivi a livello mondiale, per fare un esempio, siano proprio italiani.

Quanto è importante il Giappone per il vostro settore?
Il mercato dei principi attivi è da dividere in tre grandi aree: la prima è quella dell’Ocse, dove abbiamo una presenza di notevole importanza soprattutto negli Stati Uniti e Canada, e nei Paesi nordeuropei, dove il farmaco generico è più diffuso.
La seconda area è quella asiatica, in primo luogo Cina e India, dove fino a qualche anno fa avevamo un peso notevole oggi ridotto: si esporta sempre meno rispetto a prima, pur essendo un mercato interessante come fonte di materie prime e intermedie.
La terza è un’area a sé, ed è costituita proprio dal Giappone, l’estremo Occidente e l’estremo Oriente insieme. Qui siamo presenti da sempre e il nostro riconoscimento è costantemente in crescita.

Previsioni per il prossimo quinquennio?
Prevediamo una penetrazione sempre più forte perché le prospettive sono buone e c’è ancora spazio per crescere. Molte aziende stanno cercando agenti: ciò significa che intendono spingersi sempre di più nel mercato giapponese.

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