Si definisce un “facilitatore”, un promotore dei “rapporti tecnologici” tra i due Paesi: Ludovico Ciferri, da quasi 8 anni in pianta stabile a Tokyo, è research manager per il Politecnico di Torino e vice-direttore del Mobile Consumer Lab all’International University of Japan. Collabora con diversi centri di ricerca sparsi per il Giappone, in particolare Hokkaido University, a Sapporo, e Tohoku University, a Sendai, uno dei poli più importanti al mondo per le material sciences, soprattutto nanotecnologie.
Il suo lavoro? Promuovere le attività di collaborazione in ambito scientifico e tecnologico tra il Politecnico di Torino (e le aziende ad esso associate) con i suoi omologhi giapponesi.
Quando si parla d’Italia nel mondo si pensa subito a fashion e food. Qual è la percezione dei giapponesi nei confronti della ricerca italiana?
La maggior parte dei giapponesi non si aspetta di vedere tecnologia da parte nostra, anzi si sorprende quando si rende conto di quello che siamo in grado di fare. Non si riesce ancora a far capire che dietro la Ferrari non c’è solo passione, ma anche altissima tecnologia.
Il Politecnico di Torino, quello di Milano e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa rappresentano l’eccellenza della ricerca italiana, sono centri di riferimento a livello europeo e come tali vanno promossi.
Quali sono le macroaree su cui state lavorando?
Ragioniamo sui grandi temi della società del futuro: energie sostenibili (dai pannelli solari alle batterie al litio) e invecchiamento della popolazione, fenomeno irreversibile che interessa molto sia il Giappone sia l’Italia. L’obiettivo: vogliamo migliorare quello che già è stato sviluppato.
Nello specifico?
Un esempio sono le reti wireless ad hoc, progetto al quale stiamo lavorando in collaborazione con Hokkaido University. In caso di disastri naturali o di altre emergenze la prima necessità è la comunicazione, soprattutto tra i soccorritori. Grazie alla nostra tecnologia gli oggetti in movimento possono trasformarsi in punti che ricevono e trasmettono il segnale permettendo di comunicare anche in assenza di una rete.
Una sorta di ripetitori temporanei di trasmissione per garantire la comunicazione...
Esatto, applicabili anche ad altri servizi. Se ad esempio tutti i veicoli di una compagnia di autostraporti venissero dotati di questo tipo di trasmettitori, si creerebbe una rete autonoma grazie alla quale veicolare informazioni sul traffico, incidenti, condizioni meteo ecc.
Le reti mobili ad hoc sono un’eccellenza tutta italiana?
In generale penso che oggi non ci siano eccellenze uniche in questo o quel Paese. A queste reti si lavora infatti anche in Giappone, ma non sono così sviluppate. D’altro canto, almeno per i prossimi 30 anni in Italia non avremo mai una banda larga sviluppata come in Giappone. Meglio puntare dunque sulla complementarietà delle eccellenze.
Parliamo dei servizi legati all’invecchiamento della popolazione.
Parliamo quindi di domotica (la scienza interdisciplinare che si occupa dello studio delle tecnologie atte a migliorare la qualità della vita nella casa e più in generale negli ambienti antropizzati, N.d.R.). L’obiettivo è abbinare la sensoristica, settore in cui anche l’Italia è all’avanguardia, alla robotica, scienza in cui il Giappone ha un livello di expertise molto elevato. Dall’unione nascerrano ambienti intelligenti, le cui le principali funzioni siano controllabili a distanza (ad esempio l’accensione di un elettrodomestico) ma in cui sia possibile anche tenere sottocontrollo le condizioni di un anziano o di un malato.
Per collaborare con voi cosa bisogna fare?
Come prima cosa visitare la sezione “Ricerca” e “Poli e imprese” sul sito del Politecnico di Torino, e poi contattarmi.
Paolo Soldano
sabato 23 gennaio 2010
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