domenica 22 marzo 2009

Kanji, questi sconosciuti

Si sa, il giapponese (come tutte le lingue orientali) è difficile da imparare, e ancora di più da scrivere. Comprensibili dunque gli errori commessi dagli stranieri, affascinanti invece quelli fatti dai giapponesi. Il fascino raddoppia se perfino il capo del governo sbaglia a leggere la sua lingua madre facendo delle gaffe clamorose e sfiorando una crisi internazionale.
È successo a Taro Aso, attuale leader del governo giapponese, ormai famoso, e non solo in patria, per le sue devastanti “uscite”: durante un discorso ufficiale ha definito i rapporti con la Cina “ingombranti”, al posto di “frequenti”. Un lapsus? Certo che no, ha semplicemente sbagliato a leggere, anche perché non era la prima volta. In passato, parlando della politica della maggioranza, ha usato la parola “fetore” invece di “seguire”. È venuto fuori che il governo “puzzava”.
Come sono possibili questi errori? La scrittura giapponese ha due tipi di segni grafici: i kana (katakana e hiragana) e i kanji, gli ideogrammi derivati secoli fa dalla Cina. Avendo molti caratteri letture che variano a seconda del contesto, spesso è facile confondersi.
Non è mancata, da parte di qualche giornale scandalistico giapponese, perfino la pubblicazione della lista “ufficiale” dei kanji che il primo ministro non sarebbe in grado di leggere. Ma c’è poco da ridere: secondo un sondaggio condotto (proprio dal governo) nel 2007, almeno un quinto dei giapponesi di età superiore ai 16 anni si imbatte di frequente in qualche carattere che non sa interpretare, mentre il 30% ha problemi a riprodurli senza averli sott’occhio. E ben la metà degli intervistati confessa di dover ancora “fissare” ben a mente i 1.945 caratteri minimi, fissati dal Ministero dell’Istruzione, necessari alla vita quotidiana. Non a caso in Giappone spopolano libri per imparare a riconoscere (e a scrivere) gli ideogrammi. Uno degli ultimi successi editoriali? “I caratteri che sembrano semplici da leggere ma facili da confondere”: 800.000 copie vendute in pochi mesi.
(da Tokyo - pubblicato su "A" per "Così va il mondo", marzo 2009)

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