Non capita di vedere molti africani in un Paese come il Giappone, nonostante abiti a Tokyo e non in uno sperduto villaggio dell’Hokkaido. Non capita di vederne molti a meno che non succeda di assistere, per puro caso, a due “African Nights” una di seguito all’altra. Mercoledì: sfilata di moda di un noto brand italiano accompagnata da una ventina di percussionisti senegalesi a bordo passerella. Giovedì, danzi e canti del Botswana, a coronamento di una serata di raccolta fondi per un progetto di cooperazione tra Giappone e Africa. La cosa più sorprendente in tutto questo? Vedere impettiti uomini d’affari giapponesi trasformarsi in perfetti ballerini nonostante giacca cravatta e bagde d’ordinanza al seguito. Quando uno di questi impavidi ha avuto perfino il coraggio di slacciarsi la camicia e legarsela in vita accompagnando i danzatori africani, mostrando la panzetta e battendo le mani a ritmo, ho capito che forse è il momento di riscrivere qualche libro sul comportamento sociale dei giapponesi.
(Tokyo, 29 maggio 2008)