mercoledì 2 luglio 2008

KANON

Da quando sono arrivato a Osaka, ormai più di cinque mesi fa, non ricordo che ci siano state due giornate uguali una all’altra. Il ritmo frenetico degli avvenimenti, le persone incontrate, i luoghi visti, i volti impenetrabili dei giapponesi: ho scoperto una nuova dimensione di tempo, ma anche di spazio. Nonostante tutto, però, il giovedì sera è sinonimo di Kanon, una piccola discoteca in un seminterrato del centro, una delle poche in città a mettere musica rock e indie. Da quando l’ho scoperto non ho perso neanche un giovedì, è diventato un appuntamento fisso, immancabile. Di solito entro verso l’una, a serata avviata. I due ragazzi all’ingresso mi riconoscono, mi dirigo subito al bancone e il barista non mi chiede neanche più cosa voglio da bere perché lo sa già. Chi frequenta questo posto è più o meno sempre la stessa gente, sono poche le facce nuove. So già chi e cosa mi aspetterà: il tipo giapponese che balla sotto il dj esattamente davanti alla cassa, un altro che non sembra ballare ma fare ginnastica, tre ragazze che si muovono tutta la sera in sincro, un’altra con i capelli raccolti e con una serie infinita di tatuaggi, una coppia di amiche, di cui una si muove come una tarantolata e l’altra è un statua di sale, e tanti altri. Ormai saluto tutti come vecchi amici anche se non ricordo nemmeno i loro nomi. Dopo aver fatto chiusura sulle note di una vecchia canzone reggae, mi attende un altro appuntamento del giovedì: la ciotola di ramen bollente nel negozio all’angolo. Ma questa è un’altra storia.
(Osaka, 9 novembre 2007)