mercoledì 2 luglio 2008

NARCOLESSIA

Sono in una specie di ristorante italiano, in pausa pranzo, insieme a un mio collega inglese, in attesa che il mio piatto arrivi. Mi ritrovo a fissare una ragazza ad un tavolino all’angolo, da sola, davanti a sé un frappé alla fragola lasciato a metà, gambe accavallate, testa reclinata e braccia conserte. La fisso, distolgo lo sguardo, la osservo ancora, incuriosito: è fuori di dubbio, sta decisamente dormendo. Quando esco dal locale è ancora là, identica posizione, i folti capelli neri che le cadono sul viso, tra camerieri e clienti che non sembrano farci caso. Dovrò indagare a fondo, prima o poi, sul problema della narcolessia in Giappone, anche perché non è la prima volta che vedo una scena di questo genere. Uomini e donne di qualsiasi età sono come tramortiti all’istante, e si addormentano ovunque: in metropolitana, in macchina a motore acceso, sui muretti, al bar, sulle panchine, agli angoli delle strade, sui marciapiedi, in discoteca (giuro), addirittura in piedi in metropolitana, reggendosi alla maniglia. Un attimo prima reggono borse, ventiquattrore, sacchetti, cellulari. Un attimo dopo è come se andassero in stand-by, chiudono gli occhi, e cullati dalle braccia di Morfeo dormono come angioletti, spesso oscillando la testa a destra e a sinistra, noncuranti di tutto quello che c’è intorno a loro. Un sincero “buona notte”, vorrei avere il coraggio di sussurrare loro.
(Osaka, primi di agosto 2007)