mercoledì 2 luglio 2008

Giappone: la storia di Nova (la più grande scuola di lingue hi-tech) e del suo crac

da Osaka, Paolo Soldano
(pubblicato su www.ilsole24ore.com il 7 novembre 2007)

Nova, la più grande scuola giapponese d'insegnamento di lingue straniere, è sempre più vicina alla bancarotta. Migliaia di insegnanti stranieri, provenienti da tutti i paesi anglosassoni, oltreché da Italia, Cina, Francia, Germania e Spagna, si ritrovano senza lavoro e con due mesi di stipendi non pagati.
Trentadue gli italiani coinvolti in quello che è diventato un vero e proprio caso internazionale, dopo l'intervento di molte ambasciate, e uno scandalo nello stesso Giappone.

Attiva dall'agosto del 1981 grazie all'idea di Nozomu Sahashi, Nova nasce come scuola di conversazione d'inglese. Rapida ed esponenziale la sua crescita, soprattutto dopo l'invenzione, nel ‘96, del Ginganet, un apparecchio simile a un decoder con una piccola videocamera fissata su un braccio mobile. Dopo una prima fase di sperimentazione, dal 2001 gli studenti, ovunque si trovino in Giappone, possono collegarsi al MultiMedia Center di Osaka attraverso una connessione telefonica, e fare lezione 24 ore su 24 (con una pausa di due ore tra le 3 e le 5).
Grazie a questa possibilità, Nova è riuscita in breve tempo ad aggiudicarsi facilmente il 50% del mercato, sfruttando il vuoto lasciato dalle altre scuole negli orari notturni e della prima mattinata. Sei le lingue insegnate, tutte da madrelingua: inglese, italiano, francese, cinese, tedesco e spagnolo. Proprio dal ‘96 è quotata in borsa.

La Nova Corporation è presente non solo nel campo dell'insegnamento tradizionale: con 6 società affiliate si occupa di pubblicità, interior design e architettura d'interni, assistenza per i soggiorni di studio all'estero, viaggi, attività immobiliari e marketing, oltre che di ricerca e sviluppo di soluzioni software e prodotti multimediali. Ma come può una società così florida, che è arrivata ad avere, nel 2005, 977 scuole e circa 500.000 studenti sparsi per tutto il Giappone, oltre che 5000 insegnanti stranieri, a essere sull'orlo della bancarotta?

Una delle motivazioni è senz'altro l'insensata e velleitaria politica espansionistica voluta dal presidente Nozomu Sahashi, che proprio nel 2005 stabilì l'apertura incondizionata di altre scuole, con l'obiettivo di arrivare a 1000 branch. Analizzando il trend delle azioni Nova è questa data che segna l'inizio della fine. La congestione creata dal numero impressionante di filiali e dalla mancanza effettiva di insegnanti, ha causato un generale malcontento da parte degli studenti, che non riuscivano a fare lezione nonostante la pubblicità del coniglio rosa (il logo di Nova) puntasse proprio alla flessibilità e disponibilità. Assieme a "Impara una lingua straniera dal salotto di casa", lo slogan principale di Nova era "Fa' lezione quando vuoi".Negli ultimi dieci anni il National Consumer Affairs Center (l'organo che tutela i diritti dei consumatori giapponesi) ha contato ben 7.600 tra lamentele formali e cancellazioni di contratti da parte degli studenti, che hanno chiesto il rimborso delle lezioni non fatte.
Da qui l'intervento del governo, che a giugno di quest'anno (avendo riscontrato gravi irregolarità nel sistema di rimborso ), ha emesso un provvedimento che impediva a Nova di stipulare nuovi contratti superiori a un anno o a 70 lezioni.

La società aveva 418 mila studenti fino al 31 marzo di quest'anno: le 7880 cancellazioni tra aprile e giugno sono costate 1,62 miliardi di yen (circa 10 milioni di euro). La miopia manageriale di Sahashi ha portato al tracollo. I disagi per i dipendenti sono cominciati a settembre, con il ritardo degli stipendi di agosto per i trainer e per gli insegnanti delle branch.

A ottobre, dopo una serie di sconclusionati messaggi di rassicurazione da parte del presidente, non sono stati pagati i circa 7000 dipendenti. Molti insegnanti sono anche stati sfrattati da appartamenti messi a disposizione da Nova, perché il pagamento degli affitti, nonostante le trattenute dagli stipendi, non era avvenuto. Tra questi, un'italiana, Carlotta Zambon: "Il 28 settembre ho telefonato alla Nova e un'impiegata mi ha detto che io e la mia coinquilina avremmo dovuto lasciare l'appartamento entro due giorni. Dopo le nostre proteste, il 30 settembre un altro dipendente ci ha detto che avrebbero pagato l'affitto utilizzando la cauzione, e che saremmo potute rimanere fino al 31 ottobre. Lunedì scorso il padrone di casa ci ha comunicato che il contratto di affitto è annullato, e ci ha intimato di abbandonare subito l'appartamento. Non ho intenzione di andarmene, e di certo non cerco un'altra casa perché non so neanche quanto rimarrò ancora a Osaka".

Nella notte del 25 ottobre è finalmente intervenuto il consiglio di amministrazione di Nova, che ha formalmente dimesso Sahashi, ha chiesto la protezione del tribunale distrettuale di Osaka facendo appello alla "Legge per Riabilitazione Aziendale" e ha chiuso tutte le scuole per dieci giorni. Alla fine di luglio il buco di Nova è stato stimato a 43,9 miliardi di yen (quasi 270 milioni di euro), senza contare gli stipendi non pagati ai dipendenti. Alla conferenza stampa tenutasi il 30 ottobre nel quartier generale di Osaka, i fiduciari ad interim hanno dichiarato che stanno negoziando con un numero, imprecisato, di aziende. Hanno mostrato alla stampa i faraonici uffici della Nova per dimostrare che il presidente Nozomu Sahashi "disponeva della società come se fosse proprietà personale". È emerso inoltre che Nova comprava dalla Ginganet, società privata di Sahashi, le apparecchiature usate dal MultiMedia Center di Osaka. Dal luglio del 2002, grazie a questo passaggio, Sahashi è riuscito a vendere alla stessa Nova l'equivalente di 8,2 miliardi di yen di apparecchi Ginganet.

La questione sta creando non poco imbarazzo al governo giapponese, che si vede costretto a interessarsi per evitare la figuraccia internazionale. Secondo le dichiarazioni dei due avvocati fiduciari, il Ministero dell'Economia, del Commercio e dell'Industria è intenzionato ad aiutare Nova, anche se rimane ancora da chiarire in che modo. È infatti la prima volta che un'azienda giapponese con così tanti lavoratori stranieri rischia di dichiarare bancarotta, e di lasciare senza prospettive migliaia di persone. Le ambasciate di Australia e Regno Unito stanno dando assistenza ai migliaia di connazionali, molti dei quali non hanno nemmeno i soldi per tornare a casa.
Le rappresentanze italiane a Tokyo e Osaka stanno valutando il da farsi, e hanno preso "in seria considerazione la vicenda", secondo quanto dichiarato da un portavoce dell‘Ambasciata.