mercoledì 2 luglio 2008

GUARDAMI, ESISTO

da Osaka, Paolo Soldano
(pubblicato su Left n.31, 3 agosto 2007)


Osaka è una di quelle città dove perdersi è questione di un attimo, basta alzare la testa e tutto si confonde: le scritte diventano uguali, le strade tremendamente simili, punti di riferimento fissati poco prima svaniscono all’istante, in un senso di vertigine che qualche volta spaventa.
Esiste poi un quartiere, a Osaka, che si chiama Shinsaibashi, dove invece per non capire dove si è, e scuotere la testa, basta fermarsi a uno qualsiasi dei suoi angoli, e guardarsi intorno.
Una delle prime impressioni è che qui la moda, o meglio, le varie tendenze giovanili, sia sfuggita di mano un po’ a tutti.
La persistente idea di apparire il più possibile diversi e originali sembra quasi diventata un must, e non solo per le ragazze, ma per tutti quelli che frequentano questa zon
a.
Se da una parte ciò è lodevole, per la fantasia, la voglia di essere diversi e la capacità di inventiva, dall’altra, agli occhi di un occidentale, risulta tutto un po’ costruito, per non dire assurdo: gonnelline, gonnellone e gonnettine di ogni forma, misura, larghezza, lunghezza, colore, trasparenza; scarpe alte, altissime, ancora di più; ombrellini, parasoli, camicette, camicione, tacchi a spillo, pantaloni, pantaloncini -ini
-ini, canottierine -ine -ine; ricamate, a fantasia, a righe, a pois, in tinta unita e chi ne ha più ne metta.
Tra virtuosismi da scuole di moda ed esotismo suburbano, tra abrasioni e generosi lampi di effetti speciali combinati in modo a dir poco sorprendente, è davvero difficile capirci qualcosa: ragazze coperte quel tanto che basta da lasciare almeno un barlume di speranza all’immaginazione maschile, ragazzi che sembrano preoccupati più di “fare lo sguardo giusto” che di guardarsi attorno.
Se una signora di mezza età del Sud Italia riuscisse a vedere tutto questo, un appellativo che userebbe spesso sarebbe “scostumata”. E mai parola risulterebbe più appropriata, soprattutto nel senso letterale del termine, perché da queste parti sembra quasi che l’essere “senza costume”, senza vestito, sia una tendenza che va ben oltre la voglia d’estate. Se si considera anche il portamento, poi, che non è certo dei più signorili, il quadro è dipinto.
Insomma, un immaginifico coacervo di stili, una mirabolante accozzaglia di suggesti
oni pseudo-occidentali e tutte personali.


Ma andiamo per ordine, nonostante non sia così facile farlo in questa che sembra essere una continua, infinita sfilata, che prosegue a qualsiasi ora del giorno e della notte in tutte le sue eccentricità e sbavature.

Ci sono quattro principali “categorie” femminili in mostra nelle vie di Shinsaibashi, escludendo le (poche) “normali”: “neogotiche”, “bambole”, “alternative”, “cotonate”.
Hanno tutte dai 15 ai 25 anni circa, la maggior parte non si fa influenzare dalla moda delle grandi marche, tutte passeggiano in questa zona per uno scopo: apparire.

Rie, 22 anni, “bambola”, mi fa promettere che la sua foto non girerà sul web, perché ha paura che venga usata da brutte persone: “Vengo qui ogni giorno, da sola, per passeggiare e guardarmi in giro. Compro i vestiti che indosso nel negozio dove lavoro come commessa”. I suoi interessi? “Mi piace fare turismo” mi dice sorridente, e non ho il coraggio di chiederle se di solito lo fa vestita così, con l’ampio vestito rosa e nero a pois gonfiato da sottoveste bianca in pizzo
. Il suo sguardo è a dir poco fanciullesco, abbandono l’ironia e mi concentro sulla posa che assume per la foto.
Ci sono poi le neogotiche, colore predominante il nero, largo spazio a piercing, giarrettiere in vista, spesse calze autoreggenti a righe alternate e zeppe: nel loro stile “dark” rivisitato si distinguono subito per la loro eccentricità.
Ben diverse Yoko e Risa, 19 e 20 anni, “alternative”, entrambe di un’altezza vertiginosa anche senza tacchi: “Ci piace venire a Shinsaibashi un paio di volte alla settimana. Non guardiamo mai le riviste di moda, non vogliamo essere influenzate: seguiamo il nostro gusto”, ed è lampante sia così, basta osservarle un paio di secondi per capirlo. “Generalmente compriamo vintage, in un negozio di seconda mano”. Anche i loro interessi seguono questo stile. “Leggo letteratura surrealista giapponese”, mi dice Yoko, la più alta delle due “e adoro De Sade”. A Risa invece piace fare a maglia e leggere fantasy.

È davvero un universo variopinto, questo quartiere.
L’atmosfera è quella tipica dell’immaginario collettivo sul Giappone, un insieme di suggestioni che qui trovano conferma. Centinaia di ristoranti, locali, negozietti sempre aperti, karaoke, bar, love hotel, dvd shop, slot machine, pachinko, club, discoteche si susseguono uno dietro l’altro, e reclamano tutti le loro attrattive, colpendoti con neon luccicanti, con suoni e immagini e ragazzi che urlano invitandoti all’ingresso, o ragazze che sorridono mostrandoti menù e volantini. Fai un passo e si ricomincia, con tutto il gioco di luci, colori e scintillii di lampade intermittenti. Ti chiedi se la prefettura di O
saka abbia indetto un concorso per il locale più appariscente, poi ti rendi conto di essere in Giappone, in una delle città che non dorme mai, la seconda grande metropoli dopo l’inarrivabile Tokyo, e ti rispondi da solo.

Il mio giro prosegue, tra la mini statua della libertà che troneggia sul tetto di un palazzo e il gigantesco neon del “Glico”, l’atleta simbolo del Giappone; mi perdo tra Shinsaibashi Suji, una lunga strada al coperto, e Dotombori, via pedonale che la incrocia, dove si sviluppa la zona dai labili confini di Shinsaibashi, terra conquistata a pieno titolo da “cotonate/abbronzate”.
Accanto a “bambole” e “alternative”, è questa categoria che primeggia indiscussa per numero: moderne lolite che ondeggiano incerte, quasi avessero difficoltà a camminare, scottate da un sole artificiale e pettinate stile Tina Turner anni ‘80.
Chiedo a due di loro, sempre attraverso il mio interprete giapponese, se seguono la moda, e come mi aspettavo mi rispondono di sì. “Veniamo qui per fare shopping due volte alla settimana”. Amano vestirsi bene, guardano le riviste, gli piace una marca in particolare che indossano sempre. Interessi? “Andare nei club e ballare musica psichedelica”. Vorrei chiedere loro perché la maggior parte delle ragazze ha i piedi e le gambe storte, ma il mio interprete sembra imbar
azzato e non traduce, facendomi capire che si sta andando troppo sul personale, e desisto.
Secondo alcuni, comunque, questo modo di camminare non sarebbe altro che un atteggiamento costruito, pensato e messo in atto per sembrare ancora più giovani di quello che sono, ancora più innocenti di quello che possono essere. “Cammino in modo così incerto”, sembrano dire, “perché ho appena imparato a essere una donna: apprezzate la mia ingenuità”.
Ondeggiando di qua e di là come scosse da folate di vento forte, sgargianti ragazzine passano i loro pomeriggi andando su e giù, per lo più serie in volto, con sacchetti, sacchettini e inevitabile cellulare.
Difficile fermarle, difficile parlarci, difficile qualsiasi approccio.
In fondo, sono qui solo essere guardate: solo l’occhio esige la sua parte, a Shinsaibashi.

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